Disciplina Botanica Redazione di Loris Paglia

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giovedì 11 luglio 2013

Il cacao, nutrimento degli Dei


Il Cacao (Theobroma cacao) è un albero sempreverde originario delle regioni tropicali dell'America, in particolare dell’Amazzonia. Attualmente è coltivato in diverse regioni tropicali (Messico, Brasile, Venezuela, Ecuador) e nell’Africa centrale. E’ un albero molto delicato e la sua coltivazione è possibile solo in alcune zone specifiche. Richiede, infatti, climi caldo-umidi, temperature comprese tra 20-30 °C, ed umidità elevata e costante (ottimale 85%).  Non tollera l’insolazione diretta; viene coltivato all’ombra di altre specie ad alto fusto (spesso banani, palme da cocco) “definite piantagioni madri del cacao”. E’ una pianta della famiglia delle Sterculiaceae.
Gli alberi di cacao possono raggiungere un’altezza fino ai 20 m allo stato selvatico. Ha foglie persistenti, alterne, ovali, con margine lievemente ondulato, lucide nella parte superiore, con picciolo fogliare dotato di articolazione che permette di orientarsi a seconda dell'intensità luminosa. Non tutte le specie di cacao hanno le foglie verdi. I fiori sono di piccole dimensioni sparsi a mazzetti, bianchi, verdi o rosei, che spuntano direttamente sul tronco o sui rami adulti (dal 3°anno). Solo lo 0.5-5% dei fiori si trasformerà in frutti.
Il frutto, lungo 10-32 cm, è una bacca ovale denominata “cabosse”, variabile in forma, dimensione (tra i 300 e 500 g) e colore (coriacea, gialla o rossa a maturità). La maturazione dei frutti, dura tra i 4 e i 7 mesi, e le loro caratteristiche variano da una varietà all’altra e anche all’interno della stessa varietà.
I semi, detti anche Fave, sono disposti in file regolari in un numero di 20-60 per frutto, immersi in una polpa mucillaginosa acidula contenente glucosio e fruttosio, grassi, albuminoidi, alcaloidi, tra questi i più importanti sono la teobromina e la caffeina (contenuta in quantità ridotta).
I frutti vengono raccolti due volte l’anno; il raccolto estivo, in genere, produce frutti di miglior qualità. Gli alberi diventano produttivi a 5-6 anni, raggiungendo il massimo della resa dopo 20-30 anni e mantenendola fino a circa 40 anni.

Lavorazione:


I frutti appena raccolti hanno un sapore molto amaro e si lasciano fermentare a lungo (fino a 10gg) per facilitare il distacco della polpa dal guscio. Dopo 2 settimane di fermentazione, le fave vengono poste a seccare al sole oppure industrialmente in essiccatori ad aria calda. Dopo il controllo di qualità, le fave subiscono un ulteriore tostatura che accresce l’aroma del cacao.
Si passa poi alla fase di torrefazione, determinante per la qualità del prodotto finito. In grandi sfere rotanti le fave vengono fatte abbrustolire per un periodo di 15-20 minuti, a una temperatura che varia da 110° a 120°C. Questo procedimento elimina l'umidità e l'acidità, favorendo lo sviluppo dei principi aromatici. Dopo un rapido raffreddamento al ventilatore, le fave vengono sottoposte ad una macchina  che provvede alla degerminazione, alla separazione delle bucce e alla frantumazione in granella. Dalla tostatura e macinazione si ottiene la pasta di cacao. Filtrando la massa di cacao in pressione attraverso setacci con trama molto fitta si separa una sostanza grassa dal colore bianco giallastro, il Burro di Cacao e il pannello, che viene polverizzato per ottenere cacao in polvere. Sgrassando ulteriormente il cacao in polvere si ottiene il cacao magro.


Etimologia:

Il nome scientifico Theobroma cacao fa riferimento a theobroma, una voce greca che significava 'nutrimento degli Dei', e al nome dato alla pianta dagli Aztechi: cacahuàtl che significa “sostanza estratta dai semi”. Il termine Cacahutal deriva forse dall’unione di kakawa, parola olmeca-maya, con il termine atl (acqua); la cioccolata era infatti preparata mescolando polvere di cacao fermentato e torrefatto con acqua e spezie. Il termine cioccolato, invece, sembrerebbe derivare dalla trascrizione fonetica di xocolat (pronuncia: tciocoatl). Sembra inoltre che xocoyac significasse fermentare.

Proprietà:


I costituenti principali del cacao sono i glucidi, i lipidi e le proteine, minerali quali il magnesio, i sali di potassio e il fosforo. Sono presenti anche ferro, sodio e calcio, ma in quantità inferiori. Gli alcaloidi quali la teobromina e la caffeina che svolgono un’ azione stimolante del sistema nervoso centrale, di lieve azione diuretica e di modesto effetto vasodilatatore, stimolano la concentrazione e aumentano la resistenza alla fatica. Le amine biogene quali la serotonina, che aiuta il sistema nervoso in caso di depressione; la feniletilamina e la tiramina. Il cacao è quindi stimolante, tonico-nervino, antiossidante, antiradicalico, energizzante, rinvigorente, diuretico, antidepressivo. Ha inoltre effetti protettivi sul cuore e i vasi sanguigni. I Maya e gli Aztechi già conoscevano le proprietà rafforzanti ed eccitanti dell’infuso ricavato dai semi del cacao, e le virtù terapeutiche del burro di cacao. Dalla spremitura dei semi si otteneva, per esempio, un balsamo cicatrizzante per le bruciature e le ferite, protettivo dai raggi solari, repellente per i morsi dei serpenti. Il cioccolato è noto per le sue proprietà antiossidanti; le preziose sostanze contenute nell’estratto di cacao stimolano la pelle e le donano una nuova vitalità ed energia, rendendola liscia, soda e luminosa; la idratano e la rendono elastica e morbida come la seta. Gli acidi grassi in esso contenuti si prendono cura della pelle e la nutrono. Il cioccolato ha anche un effetto dermoprotettivo, difendendo la pelle dai raggi ultravioletti, migliorandone lo stato di idratazione e prevenendo la comparsa di eritemi. Il burro di cacao ha odore gradevole di cacao è costituito da gliceridi dell’acido stearico, palmitico e oleico, fonde a temperature appena inferiori a quella corporea (32-35°). E’ utilizzato largamente nell’industria alimentare. Ben nota la sua azione come emolliente e protettivo per cui è utilizzato in cosmetica per la fabbricazione di creme, rossetti e pomata per le labbra. Il cacao è inoltre afrodisiaco.


Tra storia e leggenda:


La storia del cioccolato ha inizio, 4000 anni prima di Cristo, in America centro-meridionale, dove l’albero del cacao cresceva spontaneamente lungo i bacini dell’Orinoco e del Rio delle Amazzoni. I primi ad intuire le virtù nutrizionali di tale pianta furono i Maya, che intorno al ‘600 d.C.,la introdussero nella penisola dello Yucatan. Grandi coltivatori ne furono anche gli Olmechi e i Tolteci, che prima dell’invasione degli Aztechi, estesero ulteriormente la produzione del cacao, spingendosi fino alle zone interne dell’odierno Messico.
Oltre ad essere un alimento, il cacao era per i Maya anche una moneta e con gli Aztechi, il cui sistema monetario era proprio basato sulle fave di questa pianta, entrò definitivamente nella storia. Quest’antica popolazione comunque, attribuiva ai semi soprattutto un valore mistico e religioso. Dopo essere stato tostato, macinato, mescolato con un liquido e sbattuto fino a diventare spumoso, il cacao veniva servito come xocolatl. Questa bevanda dall’aspetto schiumoso, amara e scarsamente gustosa somigliava molto poco al cacao dolce e gradevole che apprezziamo tutti, tuttavia gli Aztechi consumavano il xocolatl per eliminare la fatica, stimolare le forze fisiche e mentali, e consentire, così, la trascendenza. La data ufficiale della "scoperta del cacao" è il 30 luglio 1502, giorno in cui gli Aztechi, andati incontro alla Santa Maria offrirono a Cristoforo Colombo, durante un suo quarto e ultimo viaggio alla ricerca dell'oro, oltre a tessuti e cuoio lavorato, anche la loro moneta, cioè "mandorle" di cacao. Infatti  quando Cristoforo Colombo sbarcò sull’isola di Guanja, al largo dell’Honduras, gli indigeni lo accolsero offrendogli una tazza di xocolatl. Il sapore intenso e amaro di questa bevanda non fu gradito dagli scopritori europei, tanto che Cristoforo Colombo non vi diede alcuna importanza. La vera conoscenza della pianta si ebbe pochi anni dopo con il rientro in Spagna di Hérnan Cortéz dal Messico. 
Diciassette anni più tardi, nel 1519, Hernàn Cortèz, giunto dalla Spagna per conquistare la Nuova Terra, fu accolto pacificamente dagli indigeni e dall’imperatore Montezuma. Questi, credendo nel ritorno del dio Quetzalcoàtl (La leggenda narra che, quando Quetzalcoàtl era ancora un re, a causa di una grave malattia che lo aveva colpito, venne spinto a bere una pozione che gli avrebbe ridato la salute ed invece lo portò alla pazzia: fuggì verso il mare dove trovò una zattera di serpenti intrecciati e si allontanò scomparendo nel mister. Prima di partire però, Quetzalcoàtl promise che avrebbe fatto ritorno per riprendersi il suo regno nell’anno posto sotto il segno del “Ce-acatl”.)prevista secondo la leggenda proprio in quell’anno, pensò che lo spagnolo fosse la reincarnazione del “Serpente piumato” . Montezuma versò in coppe d’oro il cosiddetto “cibo degli dèi” e offrì ai nuovi arrivati il tesoro di Quetzalcoàtl, una bevanda a base di cacao, farina di mais e spezie come il peperoncino. Cortèz comprese subito il valore economico del cacao e lo portò con sé in Spagna. Qui furono i frati, grandi esperti di miscele e infusi, a sostituire il pepe e il peperoncino con lo zucchero e la vaniglia creando una bevanda dolce e gustosa.  Dai racconti dei personaggi al seguito di Cortéz, pare che l'albero del cacao fosse ritenuto simbolo di fortuna, sia perché i suoi frutti erano delle vere e proprie monete, sia perché da essi si estraeva un succo che dava forza e vigore e veniva consumato dopo i pasti per le sue proprietà nutritive. Erano diverse le tradizioni legate a questa pianta e ai suoi frutti, che spesso sono associati ai simboli degli dei: delle vere e proprie cerimonie avevano luogo in occasione della raccolta, preceduta da tredici giorni di castità per i giovani.
Gli spagnoli, al ritorno dal Nuovo Mondo, introdussero in Europa l'uso del cacao e l'Italia fu il secondo paese europeo dopo la Spagna a scoprire l'esotica bevanda. Proprio la funzione di mezzo di scambio dei semi di cacao ha stimolato le relazioni e gli scambi commerciali in tutta l'America Centrale. Dopo la caduta dell'impero Maya nel IX secolo, gli Aztechi imposero il pagamento di tributi, che potevano essere pagati in fave di cacao dalle popolazioni dominate.
Bisogna riconoscere ai monaci spagnoli anche il merito di aver sottolineato l’alto potere nutrizionale del cioccolato, al punto tale da considerarlo un sostegno alimentare, insostituibile durante i lunghi periodi di digiuno. Per quasi tutto il ‘500, la scoperta di Cortèz rimase un grande “affare” della corte spagnola, che riuscì a mantenere il segreto della produzione della cioccolata, ma a diffonderne la bontà in diversi Paesi.
Nel 1609 fu pubblicato in Messico il primo trattato scritto esclusivamente sul cacao: “Libro en el cual se trata del chocolate”.

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