Disciplina Botanica Redazione di Loris Paglia

Benvenuti Pregiatissimi Lettori in Disciplina Botanica redazione completamente gratuita del. Sign. Loris Paglia con informazioni di Botanica e sull' Istruzione di come si piantano diverse Tipologie di Piante

La Botanica ( dal Greco Bota'un) ( Botane ) e' la Disciplina della Biologia che studia le forme di vita del mondo vegetale ( La Flora ) Specie in Rapporto alla loro anatomia , Fisiologica , classificazione ed Ecologia

L'energia nelle Piante

Piante ogm per produrre più biocarburanti



Secondo quanto riporta l’Agenzia Ansa, sono state ottenute piante superproduttrici di biocarburanti grazie a un gene del mais. Il risultato, descritto sulla rivista dell’Accademia delle Scienze Americane (Pnas), si deve a un gruppo coordinato da George Chuck dell’Università della California a Berkeley. I ricercatori hanno condotto un esperimento nel quale hanno trasferito il gene del maisCorngrass1 (Cg1) in una varietà di piante che include il panico verga (Panicum virgatum), comunemente usata per produrre biocarburanti. In questo modo le foglie delle piante che esprimono il gene Cg1 diventano strutturalmente e biochimicamente simili alle foglie delle piante giovani, rendendo più facile la scomposizione degli zuccheri semplici, come il glucosio, utilizzato per produrre biocarburanti.
Queste piante biotech producono un maggior numero di rami e conservano il 250% in più di amido rispetto alle stesse piante del panico verga prive del gene del mais, aumentando così la quantità di glucosio che può essere estratto per produrre i biocarburanti. I ricercatori sono stati anche in grado di estrarre il glucosio dall’amido, senza la necessità di sottoporre la pianta a pre-trattamenti costosi.
Il gene Cg1, spiegano i ricercatori, inibisce completamente anche la fioritura del panico verga. Con il vantaggio che le risorse che la pianta avrebbe altrimenti utilizzato per produrre fiori e semi sono utilizzati per produrre più amido. La mancanza di semi o polline, sottolineano gli autori, impedisce anche che queste piantesi incrocino accidentalmente con le popolazioni vegetali autoctone, limitando così che il gene venga trasferito in modo incontrollato ad altre specie.



La pianta intelligente



neurobiologia_vegetale_1
di Stefano Mancuso
Il LINV (Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale) situato presso il Polo Scientifico dell’Università di Firenze è l’unico laboratorio al mondo che studia le piante come esseri dotati di capacità cognitive. L’approccio utilizzato dai ricercatori del LINV, dalla sua creazione nel 2005, prevede l’applicazione di numerose tecniche tipiche delle neuroscienze per studiare sensi, segnali e comportamenti delle piante. Il LINV, inoltre, svolge un continuo lavoro di divulgazione delle nuove conoscenze sul comportamento vegetale. Nel testo che segue quattro fondamentali concetti della biologia: comunicazioneintelligenza,movimento e sonno che solo fino a qualche anno fa si ritenevano patrimonio del solo regno animale, sono trattati in relazione al mondo vegetale. Un piccolo ma efficace esempio di come stiano rapidamente cambiando le nostre conoscenze sulla vita delle piante.
Comunicazione
Le piante sono delle grandi comunicatrici. Inviano messaggi in pratica a qualunque altro organismo vivente, da quelli più minuscoli come funghi e batteri fino ad arrivare ai mammiferi. Ovviamente comunicano molto anche fra loro. Le informazioni scambiate possono riguardare lo stato dell’ambiente che le circonda; la possibile presenza di attacchi patogeni, o possono essere avvisi di sconfinamento. Le piante, infatti, sono molto territoriali, non tollerano intrusioni, e reagiscono ad ogni “sconfinamento” in maniera decisa, dapprima con messaggi di attenzione e poi con vere e proprie rappresaglie chimiche
Per quanto riguarda gli strumenti attraverso i quali le piante comunicano essi sono principalmente molecole chimiche di natura gassosa, ma anche colori. Il colore dei fiori è fondamentalmente un segnale riguardante il fatto che il fiore è pronto a ricevere gli insetti necessari all’impollinazione e che, in cambio di questo favore, li ripagherà con del prezioso nutrimento zuccherino.
L’intero sistema dell’impollinazione è stato descritto come un mercato in cui ci sono prodotti (il polline ed il nettare), avvisi pubblicitari (il colore dei fiori o il loro profumo) e dei clienti (gli insetti impollinatori). Il differente colore dei fiori serve a pubblicizzare il prodotto verso i nuovi compratori e ad indicare ai clienti affezionati dove si trova il prodotto che stanno cercando. È interessante notare come in questo “mercato” esistano anche i truffatori, come le piante che  propagandano per mezzo dei colori un prodotto che invece non esiste.
Il comportamento “onesto”, infatti, dovrebbe essere quello di segnalare, attraverso i colori, la presenza di un fiore che richiede la presenza di un insetto impollinatore e di fornire come ricompensa del nettare. Ora alcune piante come il Lupinus nanus sono così “oneste” da cambiare addirittura il colore del fiore dopo che sono state impollinate, indicando con questo che non hanno più bisogno di manodopera. Altre, con attitudine alla falsificazione, producono fiori molto colorati, simili a quelli di altre piante “oneste”, attraendo l’insetto impollinatore ma non dando in cambio nulla per il servizio.
Altre volte la truffa è più raffinata, è il caso di molte orchidee le quali sono delle artiste nell’ingannare gli insetti. Non solo producono dei fiori che sono l’esatta riproduzione delle femmine dell’insetto impollinatore e che servono come esche per attrarre i maschi, ma producono, per rendere ancora più strabiliante la somiglianza, anche lo specifico feromone prodotto dalla femmina dell’insetto impollinatore. Insomma, una trappola perfetta.
Infine, fra le scoperte più recenti ed affascinanti che riguardano i segnali prodotti dalle piante, è assolutamente necessario citare la spettacolare colorazione delle foglie che alcuni alberi esibiscono durante l’autunno. Fino a pochi anni fa si riteneva che fosse un banale effetto collaterale della degradazione della clorofilla; commovente agli occhi di noi uomini, ma di nessuna utilità biologica. Si è scoperto invece che dietro questa colorazione c’è molto di più. Il primo sospetto che il fenomeno rappresentasse qualcosa di più complicato si era avuto con la scoperta che alcune specie investono importanti risorse nella produzione delle molecole necessarie a colorare le foglie. Ma perché investire risorse in qualcosa di così palesemente inutile? La risposta è arrivata dalla biologia evolutiva e dal paragone con altre specie viventi che mettono in atto strategie simili. Come quelle piccole gazzelle africane che alla vista di un leone iniziano a saltare sul posto, senza scappare. A prima vista anche questo sembrerebbe un comportamento inutile, uno spreco di energia. Invece ciò che le gazzelle fanno è, in realtà, di mandare un messaggio al leone sul loro buono stato di salute e forma. Un comportamento non dissimile da quello degli uomini che si affidano a “status symbol” per segnalare la loro forza. Lo stesso avviene per le piante con la colorazione autunnale. Durante l’autunno molte specie di afidi cercano degli alberi ospiti per deporre le larve e svernare. Gli alberi con la loro colorazione intensa trasmettono agli afidi un segnale di forza e vigore invitandoli a cercare un ospite meno ostico. Non è un caso che gli aceri, notoriamente molto suscettibili agli attacchi degli afidi, mostrino alcune fra le più straordinarie colorazioni autunnali.
neurobiologia_vegetale_2Intelligenza
Quando si parla d’intelligenza non è raro che persone intelligenti si lascino andare ad affermazioni molto stupide. È il caso del premio Nobel James Watson, leggendario scopritore della conformazione a doppia elica del DNA, il quale ha recentemente sostenuto, peraltro scusandosene subito dopo, che gli africani sarebbero meno intelligenti degli europei. È, questo, un esempio lampante di come anche scienziati importanti rimangono spesso preda dei pregiudizi, invece che lavorare per scongiurarli.
Così, fino a non molti anni fa era impossibile parlare d’intelligenza negli animali, senza essere scherniti. L’idea prevalente era che qualunque azione in un animale fosse una conseguenza esclusiva dei riflessi. Gli animali erano, in pratica, considerati soltanto delle macchine raffinate. C’è voluto Konrad Lorenz e la fondazione dell’etologia perché molti si ricredessero a questo riguardo. Dopo Lorenz, benché gli irriducibili esistano ancora, la questione non è più stata se vi fosse o meno intelligenza nel regno animale, quanto quali animali potessero essere considerati intelligenti. I primati, è ovvio, la scienza degli ultimi anni è piena di scimpanzé, gorilla ed altre scimmie in grado di compiere operazioni complesse. Kanzi, Lara, Panbanisha, solo per citarne alcune, sono scimmie celebri. Animali che possiedono un vocabolario di 500-600 parole, in grado di sostenere una conversazione sensata, e di affrontare con acume problemi di difficile risoluzione per un bambino di 6-7 anni. Ma ci sono anche cani come Rico, un collie che conosce 200 vocaboli e risolve problemi complessi e pappagalli come Alex, un pappagallo grigio, che conosce 50 vocaboli, oltre a forme, colori, numeri.
Insomma non è facile mettere una linea di demarcazione decidendo che da qui in poi inizia l’intelligenza. Molti ricercatori sono oggi inclini a sostenere che la capacità cognitiva sia in primo luogo un fenomeno biologico generale. Ne consegue che le piante, organismi, è bene ricordarlo, molto evoluti, non possono che essere considerate anch’esse, esseri dotati di capacità cognitive. Le straordinarie e complesse tecniche di sopravvivenza messe in atto dalle piante, i loro comportamenti sociali, le cure parentali verso i piccoli della specie, le strategie di difesa dagli attacchi patogeni, gli inganni e le illusioni adottate per attrarre gli impollinatori, la comunicazione complessa e articolata fra le piante, sono soltanto alcuni dei mille esempi che ne testimoniano le capacità cognitive.
neurobiologia_vegetale_3Movimento
Le piante si muovono moltissimo. Si potrebbe correttamente affermare che pur non avendo la possibilità di spostarsi si muovono senza sosta. Numerose specie vegetali generano movimenti veloci visibili, senza artifici, dall’occhio umano. Fra queste ricordiamo la Mimosa pudica, che reagisce al tocco chiudendo immediatamente le foglioline o alcune piante carnivore quali la Dionea muscipola, che chiude le sue “fauci” appena è toccata da un insetto.
Ancora più affascinante è lo studio di tutte le altre piante (e sono la stragrande maggioranza) che non mostrano apprezzabili movimenti se osservate a occhio nudo. Anch’esse, tuttavia, si muovono intensamente, anche se su una scala di tempi molto diversa dalla nostra. La corretta visualizzazione di questi eventi lenti, richiede tecniche cinematografiche che ne aumentino la velocità.
Negli ultimi anni l’interesse della scienza per i movimenti della pianta è molto cresciuto. Numerosi laboratori, oltre al LINV, si occupano oggi di questo interessante tema. Poiché, infatti, i movimenti delle piante sono il risultato di una lunga elaborazione, molto più laboriosa che negli animali, quando una pianta decide di muoversi lo fa a ragion veduta. Il consumo energetico che la pianta sostiene per muoversi deve essere ripagato dal risultato ottenuto con il movimento. Per questo studiando perché e come le piante si muovono, si cerca di ottenere informazioni sulle loro capacità, diciamo così, cognitive.
Sonno
La definizione di “sonno delle piante” la dobbiamo a Linneo che nel 1755 pubblicò un librettino poco conosciuto dal titolo “Somnus plantarum” in cui riassumeva i risultati dei suoi studi sulla differente posizione assunta dalle foglie e dai rami di alcune piante. Nonostante Linneo sia stato il primo a formalizzare in un trattato il fenomeno, questo era, nondimeno, conosciuto fin dal tempo dei greci, tanto che Androstene, scienziato del seguito di Alessandro Magno, descrisse per la prima volta la variazione di posizione fra giorno e notte delle foglie di tamarindo già nel quarto secolo a.C.
Oggi abbiamo imparato che questo fenomeno interessa tutte le specie vegetali e stiamo cercando di addentrarci nel meccanismo che lo regola. Sappiamo che ogni specie ha la sua posizione preferita, che la necessità di riposo è vitale anche nelle piante, e che se le ore di luce e di buio durante la giornata cambiano anche la fisiologia della pianta ne risente. Ciò nonostante, ci vorrà ancora del tempo prima di provare che le piante dormono realmente. Si tratta di un processo lungo e complicato, ma che vale la pena studiare a fondo. Negli animali il sonno è un fenomeno naturale durante il quale avviene una perdita di coscienza. I centri nervosi riducono il loro funzionamento; circolazione, respirazione e metabolismo rallentano. Studiare il sonno delle piante non interessa soltanto la botanica. Se si riuscisse a provare che anche le piante dormono allora avremo a disposizione un organismo modello molto semplice che potrà essere utilizzato per lo studio delle alterazioni del sonno con importanti implicazioni anche per la medicina umana.
Tratto da Nemeton n°1

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